Stomachion

domenica 20 maggio 2018

Topolino #3260: La scoperta dell'ozio e altre storie

Con il Topolino #3260 arriva a conclusione la saga Nemici come prima che, dopo il Reboot dello scorso anno, completa il rilancio di Double Duck nel corso del decennale della serie. Prima, però, di affrontare l'ultima puntata della serie, partirei con la seconda storia in sommario:
I consigli dell'amaca
Le ronfate consigliere inizia con il solito cliché: Paperino che si prepara a ronfare sulla sua fida amaca con la classica bibita ghiacciata da sorseggiare negli intervalli di veglia. L'imprevisto, però, arriva subito: l'amaca si rompe. Paperino, così, è costretto a sostituirla. Il suo posto viene preso da un'antica e resistente amaca, appartenuta al pigro re Rufus che, leggenda vuole, abbia elargito al sovrano sagge dritte per portare a compimento nel modo più efficace gli affari di stato. Paperone, assediato dalle arrembanti proposte di Rockerduck nel campo dell'intrattenimento (cinema e videogiochi su tutti), decide di prendere per sé l'amaca. La cosa, però, non gli riesce, poiché l'ozio di Paperino ha reso il suo giardino il posto perfetto per l'amaca mistica di re Rufus, che si rifiuta di andare via. Paperone, allora, decide di pernottare a casa di Paperino.
Già solo da queste righe è evidente l'influenza ciminiana sulla storia scritta da Vito Stabile, che da un lato tesse gli elogi dell'ozio creativo e dall'altro gioca sui classici cliché di un Paperone non in grado di stare al passo con i tempi e di un ozioso Papaerino. In particolare in quest'ultimo caso è interessante una battuta di quest'ultimo che, afferma che per poter poltrire in maniera efficace
(...) bisogna essere sempre stanchi! E tu hai dormito nel letto degli ospiti dieci ore!
L'implicito suggerimento è che, in realtà, Paperino, oltre alle classiche incombenze lucidatorie per il ricco parente, è affaccendato in mille piccole attività. Inoltre, come suggerisce la pronta presenza dei nipotini nelle prime pagine, la scena iniziale è molto probabilmente ambientata nel fine settimana.
Nel caso di un Paperone in affanno nei confronti di Rockerduck, si resta comunque un po' perplessi: tra idee poco appetibili se non per un avaro come Paperone e prodotti a basso budget (e quindi a bassa qualità), dovrebbe essere scontato l'insuccesso dei suoi prodotti, eppure Paperone continua a risultare abbastanza miope, affaristicamente parlando, da risultare abbastanza debole persino l'autogiustificazione di non essere in grado di comprendere i gusti moderni.
In questo senso risulta allora interessante la battuta di Paperone a proposito delle soluzioni "suggerite" dall'amaca:
Era così ovvio!
Da un lato abbiamo, allora, l'esaltazione dell'ozio creativo e dall'altro una reinterpretazione e in parte un tentativo di superare un cliché che obiettivamente sta diventando piuttosto anacronistico non solo per i lettori adulti, ma anche per quelli più giovani.
Dal canto suo il sempre gradevole e dinamico Francesco Guerrini propone ai lettori il suo ricco campionario di espressioni e una costruzione della griglia ora classica, ora dinamica e moderna, come ha spesso fatto nel corso della sua carriera.
I dilemmi della spia
Con l'ultima puntata di Nemici come prima Tito Faraci riesce a chiudere nel modo migliore possibile la missione di Double Duck: sbaragliare Actinia, salvare la rete e arrivare in tempo per la recita scolastica dei nipotini.
Quest'ultima puntata, bella, dinamica e veloce, recupera anche il rapporto con Kay-K, che risulta un personaggio molto meno odioso delle apparizioni precedenti (sia in Reboot, sia nella prima puntata di Nemici come prima), mentre la conseguenza dell'inserire Rockerduck nella serie risulta meno ovvia e scontata del previsto e lascia Paperino con un dubbio amletico, mentre traghetta la serie verso direzioni e intrecci decisamente più interessanti rispetto ai dieci anni precedenti.
L'arrivo di Faraci su Double Duck, se continuativo e duraturo, non potrà fare altro che bene alla qualità delle storie stesse.
In quest'ultima puntata, poi, c'è l'ennesima prova eccellente di Giada Perissinotto, efficace praticamente in ogni fase della storia, realizzando anche una delle più belle vignette del numero, l'abbraccio di Paperino con i suoi nipoti nel dietro le quinte del teatro. Infine, anche in questo caso, si notano segni ed elementi distintivi evidentemente influenzati da Maria Luisa Uggetti, in particolare il periodo in cui si era distaccata da Tiberio Colantuoni.
Lascia un po' delusi, ma questo è più che altro a livello di storia, la pagina in cui Paperino toglie la corrente elettrica al rifugio di Actinia. Le tre vignette finali sono centrate su un piccione dalle sopracciglia folte che prima si guarda a destra e a sinistra mentre i suoi compagni sono in preda al caos, e poi guarda perplesso verso il lettore, quasi a suggerire un barlume di consapevolezza su quanto sta per accadere. La rissa successiva, però, si svolge senza alcun imprevisto, lasciando, come scritto, un po' perplessi e delusi per la mancata promessa di quel barlume di consapevolezza.
Resta comunque un'ottima storia sia dal lato sceneggiatura, sia da quello del disegno.
Una gita nello spazio
Con una storia in due tempi (che di fatto trasforma il sommario da sei a cinque storie) si chiude il #3260. Pur se ben scritta da Carlo Panaro e ben disegnata da Libero Ermetti, Il pianeta Memory non convince completamente. Da un lato c'è il ritorno alla velocità del pensiero, un modo pseudo-scientifico di giustificare velocità elevatissime, o il non trascurabile dettaglio di Topolino ed Eta Beta che viaggiano nella navicella di quest'ultimo senza alcuna tuta protettiva, dall'altro gli abitanti del pianeta Memory si ritrovano a parlare, senza alcuna giustificazione, la stessa lingua di Topolino ed Eta Beta. In particolare quest'ultimo potrebbe essere considerato un dettaglio marginale, se non fosse per il fatto che proprio sulle differenze tra abitanti di Memory e Terra si gioca la possibilità di Topolino ed Eta Beta di sconfiggere il criminale di turno.
Nel complesso è un giallo fantascientifico abbastanza classico, esaltato dalla colorazione vivace e per lo più piatta, tranne che in alcune scene che, così, riescono a spiccare sul resto della narrazione e a restare impresse nel lettore. Ermetti, dal canto suo, si propone con un tratto rotondo, fortemente ispirato a quello degli autori dello studio spagnolo Comicup, con alcuni guizzi interessanti nei primi piani e nelle espressioni del cattivo, che risulta così particolarmente efficace come personaggio.

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