Stomachion

sabato 17 gennaio 2015

Lo Hobbit di Peter Jackson annotato

Dopo il successo, non certo esente da critiche, della trilogia cinematografica de Il Signore degli Anelli, per Peter Jackson era importante affrontare la sfida de Lo Hobbit, il romanzo che ha, in un certo senso, dato inizio a tutto.
Approcciando il libro, Jackson ha fatto una scelta cinematograficamente opportuna, trasformando il testo tolkeniano in una trilogia prequel della precedente(1). Dato questo punto di partenza, Jackson ha poi dovuto risolvere altri problemi, primo fra tutti i toni favolistici del romanzo.
Le immagini, laddove diversamente indicato, sono di David T. Wenzel disegnatore de Lo Hobbit a fumetti
Un viaggio inaspettato
In una caverna sotto terra viveva uno hobbit. Non era una caverna brutta, sporca, umida, piena di resti di vermi e di trasudo fetido, e neanche una caverna arida, spoglia, sabbiosa, con dentro niente per sedersi o da mangiare: era una caverna hobbit, cioè comodissima.
Questo è l'incipit de Lo Hobbit, che sin da subito identifica l'obiettivo della storia: essere letta soprattutto dai bambini. Il romanzo, infatti, era in origine una storia scritta e raccontata esclusivamente per i suoi figli e solo per caso finì sulla scrivania dell'editore Allen & Unwin di Londra, che, dopo averla fatta esaminare dal suo esperto di fiducia (il figlio!), la diede alle stampe nel 1937.
Partendo da una inaspettata riunione nel salotto di Bilbo Baggins, sponsorizzata da Gandalf il grigio, una compagnia di nani guidati da Thorin Scudodiquercia, con l'aggiunta del signor Baggins, si avvia verso la Montagna Solitaria dove dimora Smaug e dove un tempo aveva sede il re dei nani, il Re sotto la Montagna.
I colori brillanti di Hobbitville sono, probabilmente, un modo semplice, già utilizzato nella precedente trilogia, per rendere le atmosfere favolistiche, che vanno via via sfumando nel corso del primo film, abbastanza aderente al testo, a parte il coinvolgimento di Sauron.
In realtà questo coinvolgimento era già originariamente presente in potenza, e sarebbe stato sviluppato organicamente in seguito durante lo sviluppo dell'universo fantastico tolkeniano:
A quanto pareva, Gandalf si era recato a un grande consiglio di stregoni bianchi, maestri di dottrina e magia buona; ed essi erano finalmente riusciti a snidare il Negromante dalla sua oscura tana a sud di Bosco Atro.
Questo Negromante iniziale verrà, successivamente, identificato in Sauron, come ben evidente nell'appendice B de Il Signore degli Anelli: nel 2340 (anno della Terza Era) Sauron ritorna a Dol Guldur e inizia a popolare Moria con le sue creature a partire dal 2480.
Nel 2850:
Gandalf torna a Dol Guldur e scopre che effettivamente il padrone del luogo è Sauron, il quale sta raccogliendo tutti gli Anelli e cerca accanitamente notizie a proposito dell'Unico Anello e dell'Erede d'Isildur.
L'anno successivo Gandalf, durante un Adunanza del Bianco Consiglio
(...) esorta ad assalire Dol Guldur. Saruman respinge la sua proposta.
Come si suol dire "la curiosità uccise il gatto": Saruman, infatti, inizia a fare ricerche indipendenti, partendo da Campo Gaggiolo. Il nostro si avvicina pericolosamente a Sauron fino a che nel 2939 non scopre, in parte, i suoi piani: ma tace con il Consiglio.
Arriviamo, così, al 2941, anno de Lo Hobbit:
Thorin Scudodiquercia e Gandalf vanno a trovare Bilbo nella Contea. Bilbo incontra Sméagol-Gollum e trova l'Anello. Seduta del Bianco Consiglio: Saruman acconsente all'attacco contro Dol Guldur, poiché ora vuole impedire a Sauron di cercare nel Fiume. Sauron ha elaborato i propri piani e abbandona Dol Guldur. Nella Valle avviene la Battaglia dei Cinque Eserciti. Morte di Thorin II. Bard di Esgaroth uccide Smaug. Dáin dei Colli Ferrosi diventa Re sotto la Montagna (Dáin II).
E' dunque evidente che, nelle vicende narrate ne Lo Hobbit, Sauron gioca comunque un ruolo, per quanto marginale, che da Peter Jackson viene posto come la motivazione principale dell'appoggio di Gandalf alla compagnia di Thorin. Di conseguenza l'attacco contro la Montagna di Bolg e Azog è, nel film, direttamente ispirato da Sauron, mentre nel romanzo è conseguenza dell'uccisione del Re degli Orchi, ma su questo torneremo più avanti.
Interludio: Di draghi e altre facezie
Oltre a Bilbo e ai nani, sono in particolare due i personaggi che restano maggiormente impressi nel lettore, Gollum, con il quale lo hobbit ingaggia una sfida di duelli, e Smaug il drago. Quando Bilbo si intrufola all'interno della fortezza sotterranea dei nani, sarà questo che vedrà all'interno della sala del tesoro:
Un drago enorme color oro rosso li giaceva profondamente addormentato, e dalle sue fauci e dalle froge provenivano un rumore sordo e sbuffi di fumo, perché, nel sonno, basse erano le fiamme. Sotto di lui, sotto tutte le membra e la grossa coda avvolta in spire, e intorno a lui, da ogni parte sul pavimento invisibile, giacevano mucchi innumerevoli di cose preziose, oro lavorato e non lavorato, gemme e gioielli, e argento macchiato di rosso nella luce vermiglia.
Le ali raccolte come un incommensurabile pipistrello, Smaug giaceva girato parzialmente su un fianco, e lo hobbit poteva cosi vederne la parte inferiore del corpo, e il lungo, pallido ventre incrostato di gemme e di frammenti d'oro per il suo lungo giacere su quel letto sontuoso. Dietro di lui, dove le pareti erano più vicine, si potevano vagamente vedere appese cotte di maglia, elmi e asce, spade e lance; e c'erano file di grossi orci e vasi riempiti di ricchezze inimmaginabili.
Non è l'unico drago tolkeniano, ma ne è sicuramente un più che degno rappresentante. Altro rappresentante è Chrysophylax Dives, che compare ne Il cacciatore di draghi, ma che in un certo senso diventa la metafora del passaggio da un'età in cui il fantastico aveva una sua realtà a un'età in cui ciò che resta è il suo aspetto favolistico. Questa la descrizione di Chrysophylax:
Si chiamava Chrysophylax Dives, poiché era di antico lignaggio imperiale, e molto ricco. Era scaltro, curioso, avido, ben corazzato, ma non particolarmente coraggioso. Ad ogni modo non era per niente impaurito da mosche o insetti di qualsiasi sorta o dimensione, ed era mortalmente affamato.
E più avanti:
Aveva un cuore malvagio (come tutti i draghi), ma non molto coraggioso (cosa affatto insolita). Preferiva i pasti che poteva procurarsi senza dover combattere ma dopo una bella e lunga dormita, gli era tornato l'appetito.

The Reluctant Dragon di Maxfield Parrish
La desolazione di Smaug
Il paesaggio attorno a loro diventava sempre più cupo e sterile, sebbene un tempo, come disse loro Thorin, fosse stato verde e bello. C'era poca erba, e dopo un po' non ci furono più né alberi né arbusti, ma solo alcuni ceppi spezzati e anneriti evocavano quelli spariti da lungo, lungo tempo. Erano arrivati nella Desolazione del Drago, ed erano arrivati che l'anno declinava.
Il secondo film, il più efficace, è essenzialmente diviso in due parti, una ambientata nel regno degli Elfi Silvani, l'altra sotto la Montagna, con Smaug indiscusso protagonista. Entrambe le due parti propongono agli spettatori due divergenze dal testo tolkeniano: l'aggiunta di un personaggio inventato ad hoc come Tauriel e una profonda riscrittura di Bard.
L'aggiunta di Tauriel ha anche permesso di ideare il triangolo amoroso con Legolas, la cui presenza crea un collegamento diretto con Il Signore degli Anelli, e con il nano Kili, permettendo anche di aggiungere al soggetto originale (qui mi riferisco anche al progetto di Del Toro(1)) un personaggio femminile forte, completamente assente nel testo tolkeniano.
Bard, invece, mentre nel romanzo è rappresentato come eroico capo degli arcieri di Pontelagolungo, nel film, invece, schiacciato dall'eredità della sua famiglia, la dinastia regale dei Dale, è un piccolo trafficante che guadagnerà il rispetto dovuto al suo retaggio solo grazie alle sue azioni, prima fra tutte la spettacolare uccisione di Smaug all'inizio del terzo film.
Ma c'era ancora una compagnia di arcieri che resisteva in mezzo alle case in fiamme. Il loro capitano era Bard, dalla voce aspra e dal viso severo, I'uomo che i suoi amici avevano accusato di profetizzare alluvioni e pesci avvelenati, sebbene conoscessero il suo valore e il coraggio.
Conseguenza di questa riscrittura di Bard è anche la sua interazione con l'autorità di Pontelagolungo, che viene rappresentata dal Governatore e da Alfrid, suo consigliere, personaggio ideato da Jackson ispirandosi agli anonimi consiglieri citati nel romanzo.
L'introduzione di Alfrid ha permesso da un lato di avere un personaggio macchiettistico col quale abbassare opportunamente la tensione e soprattutto di non mostrarsi così critico contro qualunque forma di governo come Tolkien ne "Lo Hobbit". Nel terzo film, infatti, dopo l'attacco di Smaug alla città sul lago, il Governatore muore e buona parte delle sue battute nel romanzo vengono assegnate ad Alfrid. La morte del Governatore, però, permette un passaggio del potere nelle mani di Bard, che diventa non solo leader militare ma anche politico degli umani. Un altro punto delicato è la rappresentazione dei nani, mai completamente edificante in tutto il romanzo. Ad esempio il piano ideato dai nani contro il drago ne "La desolazione di Smaug" è assente ne "Lo Hobbit", dove i nani prima restano all'aperto a ideare piani contro il loro nemico, per poi entrare finalmente nella fortezza sotterranea avita solo più tardi, e giusto per nascondersi da Smaug che sta uscendo per dirigersi verso il lago.
E' evidente come, in questo caso, l'idea di Jackson è quella di enfatizzare l'eroismo dei nani, che invece Tolkien racconta per lo più minatori, egoisti e poco eroici, almeno fino alla Battaglia delle Cinque Armate.
Smaug aveva lasciato la sua tana di soppiatto e in silenzio; nel buio, si era quietamente levato in volo, e poi era volato via, pesante e lento come un corvo mostruoso, trasportato dal vento verso la parte occidentale della Montagna, nella speranza di cogliervi di sorpresa qualcuno o qualcosa, e di spiare l'uscita del passaggio di cui il ladro si era servito. E quando non poté trovare nessuno né vedere niente, nemmeno là dove aveva pensato che dovesse esserci l'apertura, il suo furore esplose.
Ultima differenza, per certi versi veniale, è la reticenza di Bilbo con i nani sul possesso dell'Anello, tenuto nascosto fino alla fine, mentre nel romanzo viene confessato dopo la battaglia contro i ragni di Bosco Atro.
Interludio: L'Arkengemma

Illustrazione di Ted Nasmith
Tra gli oggetti magici e non, oltre all'Unico Anello, che sarà protagonista de Il signore degli anelli, gioca un ruolo importante l'Arkengemma, così descritta da Torin:
Era come un globo dalle mille facce, splendeva come argento alla luce del fuoco, come l'acqua al sole, come la neve sotto le stelle, e come la pioggia sopra la Luna.
Non sono in pochi i lettori che considerano l'Arkengemma uno dei Silmaril modellati da Feanor, che
(...) giunto alla pienezza del proprio vigore, era tutto preso da un nuovo pensiero, ma può anche essere che abbia preavvertito un'ombra della sorte che s'avvicinava; e rifletteva su come conservare imperitura la luce degli Alberi, gloria del Reame Beato. Diede allora mano a un lungo e segreto lavoro, facendo appello a tutta la propria sapienza, potenza e sottile abilità; e alla fine ecco che produsse i Silmaril.
I quali erano, quanto a forma, come tre grandi gioielli. Ma soltanto alla Fine, quando ritornerà Feanor che perì prima che il Sole fosse fatto e siede nelle Aule d'Attesa, e non viene più tra i suoi simili: non prima che il Sole trapassi e la Luna crolli si saprà di quale sostanza fossero fatti. La quale sembrava simile al cristallo dei diamanti, eppure ne era più forte, sicché non c'era forza, nel Regno di Arda, bastante a guastarla o spezzarla. Pure, il cristallo era, per i Silmaril, null'altro che ciò che il corpo è per i Figli di Ilúvatar: la dimora per del suo fuoco interiore, che in esso e insieme è in ogni parte di esso, e che ne costituisce la vita. E il fuoco interno dei Silmaril, Feanor lo ricavò dalla luce amalgamata degli Alberi di Valinor, che pur sempre vive in loro, ancorché gli Alberi da tempo siano isteriliti e più non splendano. Sicché, anche nella tenebra più profondo tesoro i Silmaril per radianza propria splendevano come le stelle di Varda; pure, essendo essi in effetti cose viventi, della luce godevano e la recepivano e la restituivano in sfumature più meravigliose ancora.
E' dunque possibile che l'Arkengemma fosse un prototipo, per Tolkien, dei Silmaril, o che magari l'autore avesse in mente un qualche racconto per esplorare questa similitudine.
La Battaglia delle Cinque Armate
Cosi cominciò una battaglia che nessuno si era aspettato, e fu chiamata la Battaglia dei Cinque Eserciti, e fu tremenda. Da un lato c'erano gli Orchi e i Lupi selvaggi, e dall'altro c'erano Elfi, Uomini e Nani. Ed ecco come cominciò: fin da quando era caduto il Grande Orco delle Montagne Nebbiose l'odio della loro razza contro i nani si era riacceso più furibondo che mai. Messaggeri avevano fatto la spola tra tutte le loro città, colonie e piazzeforti, ed ora essi decisero di assicurarsi il dominio del Nord.
Come detto in precedenza, la guerra portata avanti dagli Orchi è scatenata dalla morte del loro Re, mentre nella pellicola di Jackson le armate degli Orchi si muovono su ispirazione di Sauron, che si sta effettivamente preparando, nascosto a Dol Guldur, anche nella cronologia tolkeniana posta in appendice al Signore degli Anelli.
A ispirare questa nuova interpretazione della Battaglia è un particolare passaggio nelle appendici:
Fra i molti problemi che turbavano [Gandalf], vi era il pericolo che minacciava il Nord; egli sapeva infatti che Sauron progettava una guerra e che non appena si fosse sentito sufficientemente forte avrebbe assalito Gran Burrone. Ma unico ostacolo che si frapponeva fra Mordor e le terre di Angmar o i valichi delle montagne erano i Nani dei Colli Ferrosi. Al di là di essi esistevano i desolati possedimenti del Drago, e Sauron si sarebbe potuto servire di Smaug con terribili risultati. In quale modo lo si sarebbe potuto uccidere?
Ed ecco, quindi, il vero motivo della "sponsorizzazione" di Gandalf alla missione per la riconquista della Montagna Solitaria, che permette a Tolkien di rendere Lo Hobbit, grazie alle appendici, prequel de Il Signore degli Anelli senza doverlo riscrivere.
A capo delle armate orchesche troviamo, nel film, gli imponenti Bolg e Azog, figlio e padre. Mentre il primo è presente nel romanzo, Azog viene citato sempre nell'appendice, ma non in relazione con l'impresa dei nani di Thorin, bensì come uccisore di un suo antenato, Thror, giunto a Moria con la speranza di un principe che riprende possesso di un suo antico territorio.
Dopo la decapitazione di Thror, Azog verrà ucciso, anch'esso decapitato, da un giovane Dain Piediferro, che nella continuity jacksoniana gli stacca invece un braccio. Ad ogni modo, la tattica militare degli Orchi resta sostanzialmente invariata (se si escludono i vermoni alla Dune...):
In gran segretezza si erano informati di tutto ciò che potesse servire al loro scopo, e per tutte le montagne si forgiarono armi. Poi marciarono per valli e colline confluendo da ogni parte e avanzando sempre o sottoterra o al buio, finché ai piedi del gran Monte Guerrinferno del Nord, dov'era la loro capitale, non fu raccolto un vasto esercito pronto a riversarsi a sud, di sorpresa, durante una tempesta. Erano venuti a sapere della morte di Smaug, e i loro cuori erano ebbri di gioia: a marce forzate, una notte dopo l'altra, attraversarono le montagne e alla fine giunsero da nord proprio alle calcagna di Dain.
Lo spostamento cronologico di Azog ha però permesso a Jackson di visualizzare in maniera eroica la morte di Thorin e dei cugini Kili e Fili: mentre per gli ultimi due Tolkien scrive giusto un paio di righe, il primo muore in un letto nell'accampamento accanto a Bilbo, chiedendogli perdono per il pessimo trattamento.
La sfida tra Azog e Thorin, nel film, è invece uno dei momenti più adrenalinici del film, insieme con la battaglia tra Bolg e Legolas, e regala allo spettatore un Re dei nani fortemente iconico. A donare spessore al personaggio contribuisce anche la psichedelica scena, anch'essa assente nel romanzo, di un tormentato Thorin diviso tra l'avidità causata dall'influenza di Smaug, che permea ancora la Montagna, e il desiderio di scendere in battaglia al fianco di Dain. Questo è probabilmente il momento più emozionante di tutto il terzo film, dimostrando la grande perizia degli sceneggiatori nella costruzione di ciascuna delle scene:
Il Re sotto la Montagna balzò fuori, e i suoi compagni lo seguirono. Cappuccio e mantello erano spariti; erano tutti rivestiti di abbaglianti armature, e dai loro occhi divampava una luce rossa. Nella penombra il grande nano brillava come oro in un fuoco morente.

Thorin di Dino Tomic via instagram

(1) Come scritto sulla wiki, il progetto originale prevedeva due film diretti da Guillermo Del Toro, che successivamente è stato costretto ad abbandonare la produzione, mentre la regia è stata presa in carico da Jackson stesso che, in fase di riscrittura, ha ritenuto opportuno spezzare in tre film l'intero progetto

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