Stomachion

venerdì 29 marzo 2013

Jodorowski: Megalex

Fumetti, in particolare quelli di supereroi, e letteratura di fantascienza, soprattutto negli ultimi decenni, hanno condiviso tra loro molte idee di fondo, per cui è probabilmente lecito andarsi a chiedere se buona parte di quello che oggi leggiamo in questi due campi trae origine e ispirazione da opere e/o autori fondamentali per uno di questi settori o per entrambi.
Se restiamo nel campo dei supereroi da un lato, concentrandoci magari su autori come Alan Moore, Warren Ellis, Grant Morrison, e del cyberpunk dall'altro l'autore probabilmente di riferimento principale in assoluto è Philip K. Dick, in pratica precursore del cyberpunk, che verrà codificato decenni dopo da due scrittori come William Gibbons e Bruce Sterling. Le sue invenzioni letterarie sono finite inevitabilmente nelle opere di Moore e quindi di Ellis e Morrison: visioni del futuro grazie alle quali plasmare il presente (forse...); esseri quasi onnipotenti eppure estremamente vulnerabili, come Palmer Eldrich; androidi che si ribellano alla programmazione e iniziano a sostituirsi agli esseri umani. Molto e molto altro ancora di queste idee e spunti sono finiti nelle storie degli sceneggiatori qui citati e in altri ancora.
L'autore di fumetti (ma non solo) che è probabilmente il più dickiano di tutti è, però, Alejandro Jodorowski, sceneggiatore che con le sue visioni ha reinterpretato molti generi disparati, un po' come lo scrittore pulp per eccellenza, Joe Lansdale, e in particolare il genere fantascientifico.
In particolare Megalex, una trilogia disegnata da Fred Beltran e recentemente pubblicata in un unico volume dalla Magic Press, è una visione di stampo ecologista dove sull'omonimo pianeta gli abitanti, sotto il controllo di una triade di regnanti spietati, hanno costruito un'unica e sempre più grande città, mentre i ribelli a questo regime si rifugiano nei sotterranei del pianeta e nell'unica foresta ancora rimasta, intorno all'albero più antico di tutta Megalex. La struttura sociale, poi, è abbastanza semplice: per mantenere il controllo sulla popolazione da parte dei tre regnanti (padre, madre e figlia), tutti gli abitanti indossano alla base del collo un dispositivo elettronico che, in base alla casta di appartenenza, esplode dopo un certo tempo di vita del soggetto.
L'intera vicenda, e il finale lo chiarisce anche in maniera esplicita, ha profonde connessioni con la politica e la religione, un po' come le opere di Dick, d'altra parte: la società di Megalex, prima in perfetta armonia con il proprio pianeta, inizia il suo declino verso la ipertecnologica Megalex del presente narrativo dopo l'introduzione di elementi religiosi da parte di un predicatore esterno. D'altra parte la vicenda ruota intorno a un paio di terzetti, o di... trinità: i già citati padre, madre e figlia, o re, regina e principessa, che per riprendere il controllo del pianeta si rivolgono a un altro terzetto, questa volta di scienziati, che però non sembrano considerare tutti i dettagli del loro piano e consegnano, così, il pianeta al dominio delle macchine.
Il pianeta si spezza, politicamente, in due fazioni ma solo l'unione delle due in un unico soggetto può salvare il pianeta, rappresentata dalla fusione reale nel senso di vera tra la principessa e il fratello, di cui non conosceva l'esistenza.
Infine ci sono dei moniti nei confronti dell'uso della genetica e delle nanoteconologie: le applicazioni di queste due scienze, infatti, devono essere controllare con estrema attenzione, sembra dirci Jodorowski, perché è semplice, a causa dell'arroganza, dell'ignoranza e della paura, utilizzarle nel modo sbagliato, ora per creare della semplice manovalanza da buttare via quando ha finito il suo compito, ora per creare una intelligenza neurale di grandi capacità, che però verrà inevitabilmente influenzata dai primi insegnamenti impartitili, decidendo addirittura di ribellarsi ai propri padroni.
Infine c'è un messaggio forse ancora più sottile, perché anche i componenti della casta più alta di Megalex, quella che sta sotto la famiglia reale, sono controllati e intrappolati all'interno del loro ruolo e solo i ribelli al potere costituito sono, in fondo, gli unici liberi di tutto il pianeta.
Ma Megalex non sarebbe quello che invece è se non fosse anche per l'apporto grafico di Beltran, che sfoggia uno stile realistico e dettagliato, ispirato a Moebius, e che per i primi due capitoli della trilogia utilizza le tecniche di colorazione e disegno al computer che danno una dimensione quasi tridimensionale al tutto. Solo l'ultimo capitolo è realizzato con il disegno tradizionale, consentendo al lettore da un lato di vedere la bravura del disegnatore e dall'altro di apprezzare quanto le tecniche di disegno e colorazione computerizzate non alterano l'essenza dello stile di Beltran, ma aggiungono ricchezza e realismo a tutto il contesto.

Leggi anche la recensione di Flavio Camilli.

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