Stomachion

venerdì 28 dicembre 2012

I viaggi dell'Orsa Maggiore

Quando vinsi il concorso di Gravità Zero per la spiegazione più bella su cosa fosse il bosone di Higgs, da fare in 140 caratteri, tra i libri disponibili scelsi I viaggi dell'Orsa Maggiore per una serie di buoni motivi. Innanzitutto perché è un libro di astronomia, e questa è una passione abbastanza comune e diffusa tra i fisici (senza contare che lavorando, più o meno, presso l'Osservatorio Astronomico di Brera, poteva diventare fonte di ispirazione per il lavoro per le Olimpiadi dell'Astronomia); poi per via dell'autore, Emiliano Ricci, con il quale abbiamo scambiato giusto un paio di e-mail in occasione del mio primo Carnevale della Fisica come ospite (e tra l'altro, per non so quale problema, non salvai il post dopo aver aggiunto i suoi contributi, riparando così all'errore iniziale solo nel corso di quella giornata); e infine il titolo estremamente suggestivo, sia perché l'Orsa Maggiore è la costellazione che, nel cielo, permette di identificare la Stella Polare, quella che indica il nord, sia perché a questa costellazione è legata una leggenda dei nativi nordamericani:
Al tempo dei tempi c'era Nyah-Gwaheh, un orso femmina posseduto da un demone, così audace e famelico che la notte si spingeva perfino ai bordi dei villaggi a caccia di prede, terrorizzando la popolazione. All'arrivo dell'autunno gli abitanti di un villaggio mandarono a chiamare quattro fratelli, famosi per la loro abilità di cacciatori. Così i quattro si recarono nel villaggio insieme al loro cane e iniziarono la caccia.
Quando si inoltrarono nei boschi intorno al villaggio, li trovarono stranamente silenziosi. Nessun rumore. Gli uccelli non cantavano, e anche il vento aveva smesso di soffiare. Man mano che avanzavano, trovavano i segni delle unghiate dell'orso in alto, sui tronchi degli alberi. Capirono così che l'orso era gigantesco, e non solo...
Era proprio un demone capace di perfidi incantesimi: quando il più grasso dei quattro fratelli cercò di mangiare il suo pemmican, si ritrovò in mano un pezzo di carne putrida, pieno di vermi!
Il cacciatore grasso ci rimase molto male. Lui e i suoi fratelli camminavano da ore, erano stanchi e affamati, e proprio in quel momento il cane fiutò l'orso e scattò per inseguirlo. I quattro fratelli corsero dietro al cane e videro la Nyah-Gwaheh. Era una creatura enorme, l'animale più grande che avessero mai visto. Ma correva più veloce di un cervo, e presto li lasciò indietro.
Lo braccarono per giorni... lo inseguirono lungo tutta la valle, e poi sui fianchi delle colline, e poi su, sempre più su, la dove cominciavano le montagne... Finché il più grasso dei quattro decise che ne aveva abbastanza. Così finse di inciampare, cadde a terra e poi disse ai fratelli che si era slogato una caviglia. Era un trucco per farsi sostenere. COsì uno dei fratelli andava avanti portando anche la lancia del grassone, mentre gli altri due lo sostenevano per aiutarlo a camminare. Il cane, sempre davanti a loro, seguiva l'odore della Nyah-Gwaheh.
Quella notte, in cima alla montagna, il cane raggiunse l'orso, e quando il cacciatore grasso sentì i suoi latrati disse ai fratelli: "Potete lasciarmi, la mia gamba va meglio". Fresco e riposato, corse molto più degli altri... Raggiunse la Nyah-Gwaheh proprio mentre questa stava attaccando il cane... e scagliò la sua lancia, centrando in pieno il cuore del mostro.
Quando i suoi fratelli lo raggiunsero, il cacciatore grasso aveva già acceso un fuoco e squartato l'orso per arrostire le sue carni.
I quattro fratelli misero la carne al fuoco e poi mangiarono a sazietà, e le ore passarono fra un boccone e l'altro, tra i racconti di caccia, di guerra e di donne. E solo quando ogni osso della Nyah-Gwaheh fu spolpato, e quando perfino il cane fu sazio, solo allora il cacciatore grasso, sentendo le palpebre pesanti, chinò la testa per dormire... Ma subito la risollevò, con gli occhi spalancati per lo stupore. "Fratelli," disse, scuotendo gli altri tre, "guardate in basso!"
Non c'era più la montagna sotto di loro. C'era il mondo intero. Fuggendo dai cacciatori, la Nyah-Gwaheh aveva usato la sua magia per salire fino al cielo, e loro l'avevano inseguita fin lassù.
E poi accadde un nuovo prodigio. Le ossa spolpate della Nyah-Gwaheh cominciarono a rimettersi insieme e la carne e i muscoli si riformarono attorno a esse e, nel giro di pochi istanti, la Nyah-Gwaheh era ritta in piedi davanti ai quattro stupefatti... E dopo si voltò e scappò, come per sfidare i cacciatori a inseguirla di nuovo...
E la caccia ricominciò in mezzo alle stelle.
Così avvenne allora e così avviene ancora. All'arrivo dell'autunno i quattro cacciatori raggiungono l'orso, e quando lo uccidono il suo sangue precipita giù dal cielo e cola sul mondo, tingendo di rosso le foglie. E dopo essere stato mangiato, l'orso rinasce dalle proprie ceneri e riprende la sua fuga nel cielo.
Se guardi il cielo di notte puoi vederla, la Nyah-Gwaheh, e i cacciatori dietro di lei. Anche gli uomini bianchi la conoscono, e quel gruppo di stelle lo chiamano "Stelle dell'Orsa".

(da Caravan #7, Al centro del nulla, di Michele Medda e Fabio Valdambrini)
La struttura del libro è molto semplice. Ogni capitolo è suddiviso in due parti: la prima racconta un episodio particolare della vita di Emiliano, la seconda approfondisce un concetto dell'astronomia o del lavoro dell'astronomo. Il libro inizia con il 1969, l'anno in cui ebbe inizio la passione per lo spazio dell'autore: nel primo capitolo si occupa, per la parte scientifica, proprio della Stella Polare e del nord celeste, mentre nel secondo, in maniera assolutamente inevitabile, non può non tornare con la memoria alla mitica impresa di Armstrong e Aldrin e al loro sbarco sulla Luna:
Era la notte del 21 luglio 1969, e un telegiornale lunghissimo ci aveva mostrato, per la prima volta, fantastiche immagini (più per l'immaginazione che per la qualità...) di un mondo lontano, ora improvvisamente vicinissimo. Io c'ero.
Non so dirvi bene se sia più bella e interessante la parte scientifica, o più emozionante e appassionante l'autobiografia di Emiliano: certo è che è stato veramente bravo a trasmettere la passione e le emozioni per le osservazioni notturne, per la fondazione dei club di astrofili, per le notti al freddo passate ora come osservatore amatoriale ora per fotografare la cometa di Halley nel 1985, ora come divulgatore per raccontare qualcosa di più sulle supernove in occasione dell'esplosione della SN 1987A, ora come studente, andando in giro di qua e di là per il mondo, a volte anche insieme con la fidanzata (che poi sarebbe diventata moglie, come nelle più belle storie, che nemmeno nei romanzi!).
Ecco, non so proprio cosa mi sia piaciuto di più. Forse proprio quello che ha da raccontare, in entrambi i campi, quello della vita e quello della scienza, è in ogni caso interessante perché in ultima analisi Emiliano è una persona appassionata per la vita e per la scienza.

1 commento:

  1. Caro Gianluigi, leggo solo ora (16 luglio 2013...) questo tuo bel commento al mio libro. Ti ringrazio molto per le tue parole. Passione, giusto, per la vita e per la scienza: è proprio quello che volevo trasmettere. Almeno con un lettore ci sono riuscito.

    Emiliano

    RispondiElimina